LA METAMORFOSI DELLE COMUNITÀ EDUCATIVE
29 Mag 2018

di Stefano Castellani 
Responsabile del settore Educare di Energie Sociali

"La nostra pedagogia consiste nel riversare sui fanciulli risposte senza che essi abbiano posto domande, e alle domande che pongono non si dà ascolto."
Karl Popper (con Konrad Lorenz e Franz Kreuzer), Il futuro è aperto, 1985

Abbiamo smarrito la pedagogia cioè “la disciplina che studia i problemi relativi all’educazione e alla formazione dell’uomo, avvalendosi dell’apporto di numerose altre discipline” ( Treccani) e con esso abbiamo dimenticato l’origine del nome Comunità che deriva da comunanza

Diventa allora fondamentale ridare una comunanza pedagogica al lavoro con le adolescenze per il qui e ora ma soprattutto per il futuro e, nel contempo, dosare la parola terapia che oggi viene usata per ogni tipo di attività educativa dimenticandosi che terapia, nella sua traduzione dal greco, significa cura e ci allontana, quindi, dal concetto di malattia che viene associata solitamente al significato del termine terapia.

Ripensare ad una comunanza pedagogica con gli adolescenti significa ricerca, sperimentazione, ideazione di buone prassi e di nuove teorie pedagogiche che in una lavoro sinergico con le altre discipline, dalla psicologia alla robotica, sappiano indicare azioni educative studiate, applicate e valutate per essere da supporto a coloro che lavorano nel campo educativo con gli adolescenti.

Partendo dall’esperienza delle Comunità Educative per adolescenti bisogna accettare che il termine educativo è arcaico e che le Comunità, sia Diurne che Residenziali, necessitano di una ridefinizione. Questa nuova definizione può nascere dall'avvio di sperimentazione che abbia  il coraggio di un profondo e radicale cambiamento nel solco della tradizione.

Il primo punto da prendere in considerazione è la Comunità, intesa come struttura virtuale-reale, ovvero la comunità che travalica le quattro mura dell’appartamento e con gli adolescenti vive realmente, ma anche virtualmente, i contesti adolescenziali e cittadini in cui costruisce legami significativi, accettandone il rischio della socializzazione come elemento cruciale delle tappa evolutiva. Gli educatori in tale contesto, per esempio, rifiutano di vietare o demonizzare le nuove tecnologie ma educano ad un passaggio consapevole di quest’ultime, capendo quali potenzialità comunicative sono presenti nel mondo giovanile e utilizzandole per comunicare, viaggiare, studiare, socializzare e, nel contempo, cercando di trasformarle in prassi educative che aiutino gli educatori
stessi a co-costruire insieme un modo attivo e collaborativo sulle nuove tecnologie.

"L'educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l'arrivo di esseri nuovi, di giovani."
Hannah Arendt, Tra passato e futuro, 1961/68

La Comunità reale si apre sistematicamente all’esterno in un rapporto dialogico continuo con la città perché il lavoro educativo degli adolescenti difficili è compito del cittadino e in minima parte dei professionisti. Gli stessi educatori professionali ancora oggi preferiscono chiudersi in un sapere che diventa arido se non coinvolge la cittadinanza ed evita le contaminazioni, le paure, le critiche e non respinge l’equazione "adolescente/problema = esperto".
Le comunità possono diventare incubatori di idee e cultura e, proprio nel rispetto degli adolescenti difficili, dovrebbero essere promotrici culturali tracciando linee educative per arrivare ad un’'ipotesi di comunanza pedagogica per il quartiere, la città, la società.

Il secondo punto su cui lavorare con gli adolescenti presuppone che vi siano educatori professionali specializzati nell’arte del vivere i cambiamenti, mi spiego meglio, intendo educatori che sappiano acquisire capacità di navigazione relazionale e, nel contempo, capacita di ingegneria di contenimento educativo considerando che la navigazione spesso è in mare aperto e le strutture di contenimento educativo sono flessibili, mobili e provvisorie.
Tutto ciò necessità appunto di operatori con un percorso di conoscenza personale e una capacità al cambiamento continuo, abbinato ad uno studio multi professionale sistematico e, scusate il termine desueto, ad un amore verso la cultura.

“L'educazione è un'arte, un'arte particolarmente difficile.”
Jacques Maritain, L'educazione al bivio, 1943

Il terzo punto riguarda il considerare la comunità come il luogo della famiglia degli adolescenti difficili, essa è sempre presente anche se il decreto del tribunale ne stabilisce il decadimento della responsabilità genitoriale. E’ il luogo dei fratelli, delle sorelle, spessissimo dei nonni e della stirpe di questi ragazzi/e. La comunità è popolata da queste figure idealizzate, presenti, con tante o poche risorse e allora delineiamo progettualità che prevedono una condivisione nelle scelte educative, dove il nucleo familiare si senta parte attiva ed ugualitaria nella comunanza pedagogica.

“Il compito principale della genitorialità è quello di lasciare che le nostre speranze per i nostri figli prevalgano sulle nostre paure.”
Ellen Goodman

Il quarto punto si riferisce alla comunità come luogo del tempo progettuale e questo tempo deve essere determinato. L’adolescenza infatti non è una malattia cronica ma è un processo evolutivo e come tale ha un inizio ed una fine. Le domande tipiche dell’adolescente sono ”quanto tempo devo stare qui?”, “qual è il mio progetto?” e “ devo stare sino ai 18 anni?”. E' fondamentale, quindi, che i ragazzi/e abbiano condiviso il proprio Progetto Educativo Individuale (PEI) e in questo siano definiti i tempi in relazione agli obiettivi. Sarà quindi il raggiungimento degli obiettivi a determinare la durata dell’intervento educativo e non la maggiore età.

Sottolineo come il PEI sia lo strumento per eccellenza dell’educatore professionale e tutt’altro che un mero esercizio di stile o burocrazia, in esso infatti sta il sapere educativo e la trasparenza che rende possibile all’adolescente di conoscere e condividere il suo percorso.

“La cattiva notizia è che il tempo vola. La buona notizia è che sei il pilota.”
Michael Althsuler

Il quinto punto riguarda la comunità come il luogo delle nuove generazioni, il luogo del futuro e il luogo del cambiamento. La comunità è dinamica, è spazio di robotica umana, cioè nel suo intervento educativo fornisce gli strumenti per essere cittadini e cittadini del futuro. I cambiamenti che sono previsti nei prossimi dieci/vent’anni ci inducono a costruire una pedagogia innovativa che fornisca agli adolescenti di oggi, adulti di domani, una flessibilità mentale, culturale ma soprattutto creativa per adattarsi ad un contesto in rapido mutamento.

"Una mente creativa sopravvive a qualunque genere e tipo di cattiva educazione."
Anna Freud, Conferenza alla Società Psicoanalitica di New York, 1968

Allora bisogna creare una Pedagogia 4.0 che eviti di scimmiottare le altre discipline ma tracci nuove paradigmi educativi e che risponda, per iniziare, ai cinque punti sopracitati. Cosa significa comunità virtuale e reale? Come costruire un rapporto costruttivo con le nuove tecnologie? Qual è il ruolo dei cittadini nell’educazione degli adolescenti? Quali sono i concreti e innovativi interventi sulle famiglie dei ragazzi? Qual è il ritmo del tempo educativo nell’epoca attuale
e quali strumenti per vivere il tempo dell’educare? Qual è la pedagogia 4.0? Morta la Comunità Educativa credo si debba utilizzare il tempo della metamorfosi per riflettere, sperimentare e rompere i lacci di un conservatorismo educativo che, ogni tanto, tutela le strutture più che gli adolescenti e una pedagogia in affanno che rincorrere le altre discipline ed è poco consapevole che la richiesta di educare è pressante!

 

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