Un lustro di sportello d'ascolto nelle scuole medie
02 Nov 2016

di Stefano Castellani, counselor e responsabile del settore Educare di Energie Sociali

La scuola è iniziata da un mese e mezzo e gli sportelli d’ascolto nelle scuole medie riapriranno prima delle vacanze di Natale. Come ogni anno, aumenteranno le richieste di apertura di sportelli da parte delle scuole. Già gli scorsi anni il numero crescente delle richieste di ascolto da parte dei ragazzi ci ha obbligato ad aumentare le ore di apertura. In particolare gli ultimi due anni sono stati molto intensi.

Le riflessioni estive mi hanno portato a pensare che questo successo degli sportelli, testimoni la crescente difficoltà della relazione delle figure adulte con i mondi interiori ed esteriori degli adolescenti e un senso di inadeguatezza degli adulti, che appaiono come impauriti dalle domande poste dai ragazzi/e.

Una ragazzina di prima media mi chiede “scusa posso farti una domanda? Santa Lucia esiste? I nonni mi dicono che sono i genitori mentre i miei genitori dicono che esiste!”. Un ragazzo di terza media mi dice che gli piace una ragazza della sua classe ma è un po’ timido e mi chiede “come faccio a chiederle di uscire?”. Una ragazza di seconda media arriva disperata, perché ha litigato con la mamma che “...pensa che io sia ancora una bambina!

Sono tre piccoli esempi di problemi che i ragazzi vivono e vivono da sempre. Semplicemente un lustro fa venivano risolti all’interno del contesto familiare allargato: i ragazzi/e ne parlavano con la sorella, con la zia, con la vicina di casa, con il prete o l’allenatore. Ora invece appena gli adolescenti accennano ad un problema l'adulto rimanda ai “tecnici”, lo psicologo, il councelor dello Sportello d'ascolto, come se lo sviluppo evolutivo fosse compito dello specialista e dimenticandosi che è solo la vita che scorre in modo armoniosamente disarmonico. Sono semplicemente degli adolescenti che raccontano della loro vita delle loro emozioni ed è il loro modo di dirci “Pronto? C’è qualcuno? Perché io ci sono”.

Mi domando come lo sportello d’ascolto si pone in relazione con le figure adulte, se rafforza la loro capacità di ascolto o la inibisce. Come possiamo ripristinare legami d’ascolto fra adulti e ragazzi/e senza rendere “patologico” essere adolescenti?

Mi spieghi perché all’età di dieci anni i miei genitori che vedevo solo l’estate mi hanno preso e mi hanno detto adesso vieni in Italia . Chi sono questi genitori estivi , che portano regali e ora mi trascinano lontano dai nonni. Chi sono questi genitori estivi che mi chiudono in un appartamento in mezzo al traffico cittadino mentre i nonni abitavano in campagna e io finita la scuola correvo per il paese sino allo stadio dove ci trovavamo tutti i ragazzi del paese a giocare sino a sera . Qui a Verona giro in bici continuamente vicino allo Stadio ma li ci giocano i calciatori professionisti e i ragazzi escono poco e non li puoi neanche toccare perché vanno direttamente dalla mamma o dalla professoressa qui non ci può picchiare tra ragazzi e non ne capisco il senso , da noi si regolavano i conti tra di noi , gli adulti si occupavano di altro. Che nostalgia dei nonni , della campagna, del cibo e dello stadio e anche delle scazzottate date ma soprattutto prese.

Negli sportelli abbiamo avvertito un senso di solitudine sempre più profonda da parte della stragrande maggioranza degli adolescenti . Una solitudine grigia e polverosa che risulta impercettibile, ma che riempie la stanza, colloquio dopo colloquio. Si manifesta nella fatica di respirare di alcuni ragazzi, nell'ansia da prestazione e l'attesa della calma, nuvole grigie che pervadono totalmente il loro animo fragile ma vitale. Altre volte si nota per differenza, quando invece regalano sorrisi che come raggi di sole illuminano la stanza. La solitudine che ho sentito dai ragazzi/e è una solitudine abbandonica, dove l’abbandono non è solo l’abbandono dalle figure genitoriali ma è del senso profondo della vita. La domanda sistematica tra le righe è “che senso ha questa mia vita?

Qual è oggi la funzione dello sportello nella vita scolastica di questi ragazzi/e? Qual’e il senso profondo della scuola nella loro vita?

Una ragazza di seconda media viene invitata dalle insegnanti a chiedere appuntamento allo sportello in quanto le compagne di classe hanno notato dei segni di tagli sulle braccia. La ragazza è di origine romena anzi i suoi genitori sono rumeni (come lei mi dice) è minuta fisicamente con capelli che coprono il viso e due occhi piccoli ma vispi e intasati di infelicità. Scrive storie di fantasy attraverso un App di appassionati di questo genere. Afferma tranquillamente di tagliarsi e dimostra di conoscere l’argomento e dichiara di aver approfondito attraverso letture e gruppi su internet. Mi colpisce nel suo racconto le diverse sottolineature sul suo essere ed essere stata una persona buona e come si percepisce questo profondo disprezzo della sua bontà e di conseguenza di se stessa.

Nella scuola media, negli ultimi anni, la moda o meglio la tendenza la detta il bullo. Lui e il suo gruppo che bisogna seguire ed imitare. Ci si veste da rapper, si ascolta musica rap e in classe si studia poco ed si crea una compagnia più che un gruppo classe. La parola si trasforma in parolaccia. I secchioni vengono tollerati e gli altri si adeguano con la filosofia che è meglio tenerseli amici che nemici. Nei genitori aumenta l’angoscia, gli insegnanti cercano di arginare, ma...e 'i BUONI'? Ho visto ragazzi/e 'buoni' arrivare allo sportello felici di aver preso la loro prima nota e abbiamo festeggiato la loro difficile e sofferta trasgressione. Dobbiamo aver il coraggio di invitare e sostenere allo sportello le minoranze cioè i silenziosi sofferenti in modo che possono urlare gioiosamente, i perfetti diventare imperfetti nella loro perfezione, i secchioni diventare secchioni relazionali e i buoni sommersi dalla rabbia di bontà insegnare che esiste una cattiveria etica che fa crescere ed è accettabile

Lo sportello d’ascolto aperto al visibile e all’invisibile? Lo sportello d’ascolto luogo di crescita o di normalizzazione?

In conclusione di questa riflessione, ritengo che lo sportello d’ascolto, ponga tante domande e poche certezze come giusto che sia in un’età fluida com’è la preadolescenza dove la problematica più grave è sempre dinamica e mai statica ma una certezza è radicata in me: che lo sportello d’ascolto in qualsiasi scuola e con la scuola è un motore di cultura e la cultura è futuro.

“Poiché ho conosciuto troppi ragazzi disperati e alcuni erano invece delle “speranze” ne ho ricavato la convinzione che la morte della speranza in adolescenza sia un evento intollerabile poiché gli adulti almeno questo debbono imparare a farlo: aiutare gli adolescenti a tenere in vita la speranza che esista un tempo futuro in cui si realizza la promessa e il desiderio” (Charmet)

 

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